Oggi finalmente, in seguito a svariati anni di confronti, polemiche e sperimentazioni, con l’entrata in vigore del Regolamento UE N° 203 del 2012 si è sancito il passaggio da “vino da uve biologiche” al “vino biologico” denominato tale in etichetta, e con il quale la normativa regola le pratiche non solo in vigneto, ma sopratutto in cantina. Si tratta di un passo cruciale e molto atteso, che dovrebbe certificare che il vino biologico è esente da artifici tecnici e da aggiunta di additivi in cantina, il più discusso dei quali (ed il minore, a mio parere) è l’aggiunta di anidride solforosa ai mosti.
Spesso la definizione “vino biologico” viene passata come ”vino più buono” o vino migliore, ma oggi, alla luce dell’elenco delle sostanze ammesse in enologia biologica sorgono spontanei molti interrogativi:
– è proprio vero che un vino certificato biologico sia più buono e più sano di un vino non biologico prodotto da uve correttamente allevate e vinificate?
– il produttore è gratificato dal maggiore impegno ed onere necessario per produrre un vino biologico?
– pochi interventi, accorti e discreti, con sostanze di sintesi sono proprio tanto letali? Come si può intervenire altrimenti quando l’infezione è in atto? Siamo sicuri che 15 o 20 interventi all’anno con zolfo e solfato di rame siano più sani di un paio di interventi con prodotti di sintesi integrati da altrettanti interventi tradizionali con zolfo/solfato?
– come è possibile inibire i tanti lieviti e batteri negativi alla fermentazione (che spesso caratterizzano i vini biologici) senza l’aiuto e l’accorto impiego di anidride solforosa?
– e di conseguenza, come può considerarsi biologico un vino a cui è lecito aggiungere in cantina le seguenti sostanze?
Queste le sostanze consentite nella vinificazione biologica:
Additivi e tecniche ammesse in vinificazione biolgica
Se questi sono i vini biologici…….
Avrebbero potuto almeno risparmiarci i trucioli . . !!!
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